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29] <…> potest dici, quod hoc dixerunt, non quia crederent ipsum esse Filium Dei, sed quia
credebant, Deum esse in illo meliori modo quam in aliis.
114
Abbiamo qui un esempio, a dir il vero raro in Guerrico, di forma complessa non abbreviata di
quaestio, ossia un ampio excursus di natura teologica sotto la forma della disputa. Ancora
l’espressione paolina de fide in fide offre l’occasione per una riflessione approfondita circa la
distinzione, posta da Pietro Lombardo sia nelle Sentenze che nel Commento alle lettere paoline,
tra fides formata e fides informis: la prima è la fede arricchita dalle opere, la seconda è la fede
senza le opere. Il problema riguarda le modalità del passaggio dall’una all’altra fede: l’una
implica l’eliminazione dell’altra oppure esse possono in qualche modo coesistere? Guerrico,
sintetizzando lo status quaestionis, riporta varie posizioni, ma evita di fornire una propria solutio
al problema e preferisce soffermarsi su un tema affine, emerso anch’esso dal Commento del
Lombardo a Rm 1, 17: anche i demoni hanno fede – sostengono sia la Glosa Ordinaria che la
Magna Glosatura – ma in che senso? Forse che anche i demoni abbiano la grazia? Guerrico
prova ad ammorbidire l’affermazione: i demoni hanno il moto della fede, ma esso non deriva da
un abito, qual è la fede stessa, bensì da una supposizione; la loro non è vera fede, ossia una
disposizione radicata, ma una conjectura, avente per oggetto non i particolari, cioè i singoli
articoli di fede, bensì l’universale (demones credunt in universali, non in particolari). Essi non
hanno fede, ma un moto simile a quello della fede che li conduce alla supposizione di verità
genericamente intese. Si potrebbe obiettare, però, che nel Vangelo i demoni chiamano Gesù
‘figlio di Dio’. Guerrico risponde che il loro dire non corrisponde a un vero sentire: essi non
credevano che Gesù fosse il Figlio di Dio, ma soltanto che Dio fosse in lui in un modo migliore
rispetto agli altri uomini. La concatenazione di argomenti contrari e risposte fa di questo passo
esegetico a Rm 1, 17 una quaestio complessa dal contenuto teologico molto denso.
La Lettera ai Romani è una vera e propria fonte inesauribile di quaestiones. Così,
commentando Rm 3, 21-22, «Nunc autem sine lege iustitia Dei manifestata est, testificata a lege
et prophetis; iustitia autem Dei per fidem Iesu Christi super omnes qui credunt», Guerrico scrive:
Nunc autem. Continua: non solum lex non justificat, immo nec adjuvat; sed etiam non sine
lege est iustitia Dei, justicia scilicet, qua justificat. Sed videtur quod magis debet dici
misericordia; justificare enim misericordie est. Item Glosa super hunc locum: «Justicia Dei
dicitur, que proprie videtur dicenda misericordia, quia de promissione originem habet»
115
,
unde Zc 1 [Zc 1, 3]: «Convertimini ad me» et ego etc. Item Ez 18 [Dn 3, 15]: «Quacumque
114
DENIFLE, Die abendländischen Schriftausleger cit., pp. 113-114.
115
LOMBARDUS, In Epistolam ad Romanos, 3, 20-21, 1360A: «Dei iustitia dicitur quae magis proprie
videretur dicenda misericordia, quia de promissione originem habet, et cum promissum Dei redditur justitia Dei
dicitur».
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