Creatix LC 144 VF Bedienungsanleitung Seite 229

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condizione dell’uomo mortale: in via l’uomo non può comprendere Dio né secondo una pienezza
perfetta né secondo la pienezza di cui è capace, perché Dio è totalmente incomprensibile; l’uomo
beato, invece, gode di una comprensione piena e perfetta.
Il dibattito che abbiamo ricostruito riguardava la possibilità di vedere in patria l’essenza
divina. Abbiamo individuato due posizioni fondamentali: l’una, sostenuta da un allievo e dal
baccelliere, ritiene che l’essenza divina non sia visibile; l’altra, sostenuta da un secondo allievo,
ritiene che la beatitudine consista proprio nella visione dell’essenza divina. Il secondo quesito
che viene posto è il seguente: Supposito quod videtur, utrum sicut essentia vel alio modo.
Ammesso che abbia ragione il secondo allievo e che l’essenza divina sia vista, ci si chiede se
sarà vista in quanto essenza o in altro modo.
Un obiettore esclude la visione dell’essenza in se stessa così argomentando:
Intellectus quaedam potentia est; ergo magis est ei immediata et coniuncta divina essentia in
quantum potentia quam in quantum essentia. Ergo si intelligitur vel videtur divina essentia,
hoc erit in quantum potentia, non in quantum essentia.
Item. Videbitur, ergo visibilis erit ratio eius quod est videri. Sed visibile est potens videri;
ergo per potentiam videbitur, non per essentiam.
Item. Dionysius: «Omnes supermundani intellectus dividuntur in tria: in essentiam, virtutem
et operationem»; sed ita est quod in illis in quibus differunt praedicta, essentia cognoscitur
per virtutem, virtus vero per operationem. Ergo cum in tertio differant aliquo modo saltem
ratione, per potentiam ibi cognoscitur virtus et per hanc essentia.
Item. Cum essentia sit simplicissimum, nihil eius erit extra intelligibilitatem; ergo idem erit
intelligere Deum et comprehendere ipsum.
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Le argomentazioni sono dense di spunti filosofici. La prima chiama in causa la nozione di
intelletto possibile: l’intelletto umano può conoscere, ma può anche non conoscere; la sua
conoscenza non è attuale e innata, ma acquisita; essa può realizzarsi, ma può anche restare
confinata nella potenzialità inespressa. In quanto tale, l’intelletto umano, nell’avvicinarsi
all’essenza divina, non può che intenderla come potenza, non come essenza. L’ineludibile
carattere di possibilità dell’intelletto umano fa sì che ogni cosa, rispetto all’uomo, non sia
compresa, ma comprensibile, non vista, ma visibile (secondo argomento), conosciuta non in
quanto è, ma in quanto passibile di essere conosciuta. Lo stesso dicasi per l’essenza divina come
oggetto di conoscenza umana. È evidente che si tratta di una precisazione soltanto logica, o
meglio gnoselogica, ossia di una distinzione applicabile soltanto alle modalità conoscitive
dell’uomo: l’essenza divina è immutabile e impassibile, l’anima beata la vede, in atto, ma non
come qualcosa che ha sempre visto, bensì come qualcosa che prima non vedeva e che solo
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Ibid., pp. 231,68-232,80.
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